Echinocactus infestato dalla cocciniglia

Consigli

CactusFollia

Uno dei miei echinocactus horizontalonius invaso dalla cocciniglia

Durante il riposo invernale in serra, ho notato che alcune mie piante grasse sono state attaccate dalla cocciniglia.
In particolare uno dei miei echinocactus horizontalonius, innestato su myrtillocactus, era proprio messo male!

Siccome non ci tenevo a perdere questa pianta, dato che è uno dei miei innesti, mi sono armato di pazienza ed ho provveduto alla pulizia minuziosa di questo infame parassita!

Ho preso uno spazzolino da denti e un bicchiere di plastica riempito con alcool denaturato (quello che comunemente vendono in tutti i supermercati) ed ho pian piano, iniziato a strofinare sia la base della pianta che l’apice.

Ho ripetuto questa operazione più volte, nel giro di due-tre giorni, durante le ore meno calde della giornata… cambiando ovviamente sempre l’alcool e pulendo ogni volta lo spazzolino.

Ad oggi, la pianta cresce bene e la cocciniglia sembra essere stata debellata definitivamente! 🙂

Le cocciniglie o, impropriamente, coccidi (Coccoidea Handlirsch, 1903), sono una superfamiglia di insetti fitofagi compresi nell'ordine dei Rhynchota (sottordine Homoptera, sezione Sternorrhyncha). Il nome cocciniglia deriva dallo spagnolo cochinilla ("porcellino di terra"). Sono insetti esclusivamente fitomizi e costituiscono uno tra i più importanti raggruppamenti di insetti dannosi. La caratteristica generale che contraddistingue questi insetti è il marcato dimorfismo sessuale e la regressione morfologica, anatomica e funzionale delle femmine (neotenia). Echinocactus…

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La marna per le piante grasse

La marna è una roccia terrigena disgregata, che si decompone formando una matrice terrosa, composta principalmente da argilla resa compatta dall’infiltrazione di minerali vari, soprattutto carbonato di calcio, dolomite o, più raramente, silice. Si tratta di una roccia sedimentaria, ossia nata in epoca preistorica dal deposito di fanghi alluvionali sul fondo del mare, a profondità notevoli in cui la sedimentazione non è disturbata dalle onde marine. In questo modo le particelle finissime di argilla si sono depositate in modo omogeneo assieme agli scheletri o ai gusci minerali di organismi microscopici. Col passare delle epoche geologiche tali fanghi sono stati sepolti sotto una coltre di altri materiali, che li ha disidratati e sottoposti a diagenesi (compattamento). In seguito, i movimenti tettonici hanno fatto migrare queste masse rocciose verso l’altro, trascinate dall’emersione delle catene montuose, fino a che l’erosione le ha dissepolte. Non più sottoposta alle pressioni geostatiche, la marna libera le proprie tensioni fratturandosi fino a ridursi a particelle sottili. Infine, la marna è soggetta all’aggressione chimica di agenti atmosferici e organici che tendono, in tempi molto lunghi, a separare nuovamente la porzione del cemento (carbonati, dolomite o silice) dall’argilla..

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La marna e gli altri materiali inerti

La marna è una roccia terrigena disgregata, che si decompone formando una matrice terrosa, composta principalmente da argilla resa compatta dall’infiltrazione di minerali vari, soprattutto carbonato di calcio, dolomite o, più raramente, silice. Si tratta di una roccia sedimentaria, ossia nata in epoca preistorica dal deposito di fanghi alluvionali sul fondo del mare, a profondità notevoli in cui la sedimentazione non è disturbata dalle onde marine. In questo modo le particelle finissime di argilla si sono depositate in modo omogeneo assieme agli scheletri o ai gusci minerali di organismi microscopici. Col passare delle epoche geologiche tali fanghi sono stati sepolti sotto una coltre di altri materiali, che li ha disidratati e sottoposti a diagenesi (compattamento). In seguito, i movimenti tettonici hanno fatto migrare queste masse rocciose verso l’altro, trascinate dall’emersione delle catene montuose, fino a che l’erosione le ha dissepolte. Non più sottoposta alle pressioni geostatiche, la marna libera le proprie tensioni fratturandosi fino a ridursi a particelle sottili. Infine, la marna è soggetta all’aggressione chimica di agenti atmosferici e organici che tendono, in tempi molto lunghi, a separare nuovamente la porzione del cemento (carbonati, dolomite o silice) dall’argilla.. Marna

“La marna è una roccia sedimentaria, di tipo terrigeno, composta da una frazione argillosa e da una frazione carbonatica data generalmente da carbonato di calcio (calcite) CaCO3 , oppure da carbonato doppio di magnesio e calcio (dolomite) [MgCa(CO3)2]. Nelle marne tipiche la percentuale di carbonato di calcio va dal 35% al 65%; al di sopra e al di sotto di questi valori si hanno termini transizionali a calcari (o dolomie) per alti contenuti di carbonato, ovvero ad argille per bassi contenuti di carbonato. Questo tipo di roccia deriva da sedimenti fangosi, di origine prevalentemente marina, sedimentati in condizioni di bassa energia del mezzo.

La componente argillosa si depone per lenta decantazione di particelle d’argilla (dimensioni inferiori a 0,0625 mm).

La componente carbonatica può essere originata dalla precipitazione di sali o dalla deposizione di particelle organogene, derivate cioè da resti…

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Succulents rooting in H2O

interessante

Soekershof; the scientific backup

Cuttings rooted on H2O. Took 2 months to develop roots of 2 to 5 cm. These are Eurphorbia resinifera but also other Euphorbia species root well in water. Ideal temperature is around 20 degrees Celcius (=68 F). Just started an experiment with 2 Lophocereus species. Keep you updated.

The reason for this experiment is that there is an overseas demand for this rooted plant material and as it’s a regulation that no soil particle is allowed to leave the country.. (etc. etc.). At this stage we are rooting a few hundred Euphorbia cuttings (diverse species) in water.

We are no scientists (just make use of them) but we like to experiment and prefer to choose for the most unlikable things. Sometimes we succeed, sometimes not but when you never try you will never know.

Via our Facebook page we keep the world informed about the latest developments in The Green…

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Inverno- le piante disidratati

Consigli di Reginaldo
Larissa

Klarinet

vaporeAlcuni piante tengo in casa e loro soffrono di siccità. Oggi ho seguito il consiglio di Reginaldo Cattabriga!

Parole di Reginaldo:

“Personalmente tengo le piante in appartamento senza riscaldamento, non le annaffio fino a marzo, ma produco ogni tanto umidità indiretta, scaldando (100°) acqua che colloco in contenitori che stanno presso le piante, l’acqua a quella temperatura evapora parzialmente e quindi si crea nell’ambiente una certa umidità. Sono ormai anni che opero in questo modo, scarse sono le perdite.”

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Watch Out for Mealy Bugs

Utile
Larissa

cactus are cool

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By mid to late winter the mealy bugs have decided to descend in full force on plants in the greenhouse. Lack of air circulation seems to be the prime factor with these pesky little bugs because this is when I always have the most trouble with them, when they have been inside for the winter. Mealy bugs can appear at any time of the year, mind you, but poor air movement, trapped humidity, and cramped quarters seem to be what make them thrive. I don’t think they can survive freezing weather on outdoor plants, or maybe they just hunker down and sit dormant, waiting for warm weather to come back. Indoor plants, however, provide them with a nice place to live when it is cold and icy outside.

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These aren’t very appealing pictures to begin a story with, but this is what mealy bugs look like, if you have never…

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L’IRRIGAZIONE

L’IRRIGAZIONE
DELLE
PIANTE SUCCULENTE
IN VASO

Questo studio cerca di orientare coloro che amano le piante succulente a meglio irrigare le proprie culture in vaso; si comincia quindi esaminando come bevono le piante.

LE RADICI
Se mettiamo dei semi di fagiolo, meglio se preventivamente lasciati una notte a gonfiare in acqua, su un foglio di carta assorbente bagnata in un piattino, essi non tarderanno a germinare; e la parte più appariscente della giovanissima piantina sarà la radice. Potremo facilmente osservarla, ed essa ci servirà di esempio, giacchè tutte le radici, avendo le medesime funzioni, hanno più o meno la stessa conformazione e struttura.
Le radici hanno essenzialmente due funzioni: l’assunzione del nutrimento dal suolo, sotto forma di soluzioni di sali minerali, e l’ancoraggio della pianta al terreno. Esse sono particolarmente adattate allo svolgimento di queste funzioni, e si sviluppano in vario modo a seconda del terreno più o meno compatto, della disponibilità di acqua e di aria, e così via.
Cominciamo ad esaminare la nostra radice di fagiolo a partire dalla punta. Osserveremo che l’apice radicale, ossia la punta della radice, è protetto da una buccia; questa è fatta di cellule che si sfaldano diventando gelatinose; in questo modo, oltre che riparare i delicati tessuti dell’apice dal rude contatto con le particelle di terra, lubrificano anche la sua strada facilitandogli la penetrazione nel suolo. L’apice radicale è costituito da meristemi, le cui cellule si moltiplicano attivamente, provocando così l’allungamento della radice. Un po’ più su dell’apice, la radice appare rivestita da una folta coltre di sottilissimi peli: sono peli unicellulari, a pareti sottili, destinati a introdursi tra le particelle di terra e ad assorbire il nutrimento: si chiamano, appunto peli assorbenti. Le soluzioni che essi succhiano dal terreno, attraverso uno strato corticale, raggiungeranno la parte centrale della radice (il cilindro centrale) dove si trovano i fasci fibro-vascolari, ossia cordoni longitudinali. Saranno appunto i vasi del legno a condurre questa linfa greggia su alle foglie, dove dovrà essere trasformata.
I peli radicali vivono alcuni giorni, poi appassiscono e sono sostituiti da altri nuovi, sempre poco più su dell’apice, via via che la radice si allunga; così vengono sfruttate nuove zone di terreno.
Quando la pianta diventa più adulta, oltre alla radice principale compaiono delle ramificazioni, ossia delle radici secondarie, che potranno a loro volta avere altri rami; ognuno di questi avrà il suo apice e la sua zona pilifera; nel complesso formeranno il sistema radicale, che può avere una estensione notevolissima, anche in piante in cui la parte non sotterranea (la parte aerea) non è molto sviluppata. In una pianta di avena furono contate centoquarantatre radici principali, trentacinquemilaseicento radici secondarie, due milioni e trecentomila radici terziarie e undici milioni e mezzo di radici di quarto ordine. Mentre le radici di certe piante, come i cereali, raramente raggiungono profondità maggiori di uno o due metri, quelle dell’erba medica possono giungere fino a quattro o cinque metri, e certe piante di terreni aridi, alte pochi centimetri, hanno radici che arrivano sino a oltre dieci metri di profondità. Anche i peli radicali hanno uno sviluppo enorme: nella pianta di avena già citata ve ne erano oltre quindici miliardi (con una formazione giornaliera di oltre cento milioni), con una superficie complessiva di contatto col suolo di circa centocinquanta metri quadrati!
In alcuni tipi di piante la radice principale si sviluppa più delle altre, ed ha generalmente forma conica più o meno allungata: si tratta di una radice a fittone, come quella della carota e di tante piante succulente.
Le radici vecchie sono ricche di tessuti meccanici, che le rendono assai robuste, e di tessuti conduttori: esse non hanno peli assorbenti (questi si trovano sempre soltanto vicino all’apice, nelle parti giovani) e quindi hanno ormai soltanto funzioni di ancoraggio e di conduzione. Ma molte radici non più assorbenti fungono anche da organi di riserva: esse sono allora più o meno ingrossate, come avviene nella carota, nella rapa, nella barbabietola e nelle piante succulente cactacee ed euforbiacee.

COME BEVONO LE PIANTE
Nelle piante acquatiche sommerse, ed in alcune piante terrestri che vivono in luoghi molto umidi (muschi, licheni, epifite delle foreste tropicali), l’acqua può entrare nella pianta attraverso tutta la superficie. Ma nella massima parte del casi le piante bevono per mezzo delle radici; e queste consentono alla pianta di assorbire una quantità notevolissima di acqua, giacchè esse sono assai più sviluppate di quanto di solito non si creda. Le radici del grano o dell’avena possono arrivare ad oltre due metri di profondità; quelle degli alberi, ad oltre trenta-quaranta metri. Alle radici principali, poi, si aggiungono quelle secondarie, a queste le ramificazioni terziarie, e così via, sino a raggiungere lunghezze complessive impressionanti: oltre cinquecento metri per una sola pianta adulta di frumento, un chilometro per una pianta di mais, venticinque chilometri per una zucca, oltre cinquecento chilometri per una betulla di vent’anni! Ad un tale sviluppo in lunghezza corrisponde, evidentemente, un enorme sviluppo della superficie assorbente, grazie soprattutto alla quantità e alla finezza di quei famosi peli assorbenti o peli radicali, di cui abbiamo parlato a proposito delle radici.
L’acqua dunque, entra nella pianta attraverso i peli assorbenti; e questo avviene grazie a vari meccanismi sui quali non è il caso di dilungarsi in questa sede: per imbibizione, ossia per assorbimento.
Le cellule del peli radicali si comportano come una membrana semipermeabile; perciò l’acqua passa dal suolo (ove essa si trova sotto forma di soluzione assai diluita di vari sali) all’interno delle cellule delle radici e dei peli radicali. Penetrata nei peli radicali, l’acqua, ancora grazie a differenze di concentrazione delle soluzioni, passa nelle cellule più interne delle radici, fino a raggiungere i vasi del legno. In questi, per virtù di un insieme di forze non ancora ben note (pressione da parte del peli radicali, aspirazione da parte delle foglie, ecc.) l’acqua sale sino alle zone aeree della pianta, spingendosi nei rami e rametti, sino a raggiungere le foglie.

L’ACQUA NELLA TERRA
La terra di coltivazione deve essere fertile e friabile in condizione da assorbire prontamente l’acqua nei suoi spazi detti pori, dove particelle di acqua vi parcheggiano e gli stessi pori permettono una buona velocità di infiltrazione. Un buon risultato si ha quando l’acqua rappresenta il 30% del peso della terra; in questa condizione i pori conterranno oltre all’acqua anche aria, quindi ossigeno; elementi indispensabili per la vita delle piante.
Prove di impregnazione sono state eseguite con terra composta da 1/3 di torba, 1/3 di pomice ed 1/3 di terra di campo (miscela che si ritiene ideale per le piante succulente). Un vaso contenente 600 grammi di terra secca è stato immerso per 3 centimetri in una vaschetta contenente acqua: in 12 ore ha assorbito 300 grammi di acqua offrendo una impregnazione perfetta quasi nulla alla cima del vaso e in aumento scendendo verso il basso. Irrigazione perfetta, poca umidità in alto, a salvare il colletto della pianta e buona fino alla zona di drenaggio.

L’IRRIGAZIONE TRADIZIONALE
L’irrigazione mediante brocca con spinello o con lancia a spinello collegata ad un tubo non risulta un buon metodo; infatti quando si eroga l’acqua sul vaso questa viene sottoposta alla forza di gravità verso il basso e di capillarità in senso radiale, verso 1’interno del vaso.
La terra esaminata contenente torba, pomice e terra di campo e caratterizzata da larghi vuoti e pori tra le particelle: questi larghi vuoti esercitano una forza capillare relativamente debole e offrono poca resistenza al flusso gravitazionale con il risultato che il moto dell’acqua di lato e verso l’alto è limitato mentre verso il basso è rapido, di conseguenza l’acqua non raggiunge completamente tutta la terra del vaso. Il risultato sarà ancora peggiore se la terra è secca e si è distaccata dalle pareti del vaso in questo caso l’acqua correrà via senza portare benefici alle piante.

L’IRRIGAZIONE A GOCCIA
Ottimo risultato si può ottenere irrigando i vasi col sistema a GOCCIA, introdotto su vasta scala in Israele fin dal 1960. Ricordiamo che questo sistema offre svariati vantaggi:

Si distribuisce l’acqua più omogeneamente che con altri metodi di irrigazione
Permette di migliorare la salute delle piante
Diminuisce le cause di malattia poiché mantiene asciutta la parte aerea della pianta
Non toglie insetticidi o fungicidi che siano stati erogati alle piante
Minimo consumo di acqua
Facilità di fertilizzazione
La lentezza con cui viene distribuita l’acqua impregna bene la terra
Modestissimo costo delle attrezzature

L’installazione dell’impianto è molto semplice. Il primo elemento sarà un rubinetto con timer (1) per stabilire i tempi e l’ora in cui si vuole irrigare; di qui si parte con un tubo di politene nero del diametro di 16/18 millimetri, sul quale con una pinza, si formano i buchi per allacciare i tubini che andranno ai vasi; ciascun tubino nella parte terminale, a contatto con la terra del vaso, avrà un GOCCIOLATORE; di questi ne esistono con varie portate di acqua e più precisamente, da 1 litro all’ora, da 2 litri, da 4 litri, da 8 litri, da 15 litri, naturalmente nell’installazione si deve tener conto del diametro del vaso e proporzionare la portata del gocciolatore in funzione del tempo di irrigazione che sarà tra i 10 e i 15 minuti ogni 24 ore nei periodi molto caldi e a giorni alterni nei periodi più temperati.

L’IRRIGAZIONE PER IMBIBIMENTO
L’irrigazione per imbibimento è facilissima da eseguire; ma da seguire con grandissima attenzione. Occorre avere le piante sistemate in vasche di circa 5/6 centimetri di profondità, le vasche debbono essere munite di rubinetto di scarico; dette vasche si trovano facilmente in commercio presso i rivenditori per articoli da giardinaggio.
L’irrigazione è semplicissima si versa nella vasca acqua per 2 o 4 centimetri in altezza; se la terra del vasi è asciutta in circa 12 ore essa sarà completamente assorbita per via capillare. La difficoltà nasce quando la terra del vasi non è completamente asciutta e solo l’attenzione dell’operatore può determinare il momento in cui, agendo sul rubinetto di scarico, si deve eliminare l’acqua dalla vasca. E’ evidente che risulta molto facile la concimazione delle piante.
Molte prove di questo metodo di irrigazione sono state eseguite con risultati sorprendenti. L’imbibimento della terra risulta graduale, più umida la terra del vaso nella parte bassa, molto meno nella parte alta a vantaggio, come già ricordato per il colletto della pianta, anche le radici si troveranno in una zona mediamente umida con notevole beneficio mentre i peli radicali, che la pianta ricambia spesso, si troveranno nella parte più umida.
Risultati spettacolari si sono ottenuti su pianticelle ripichettate dopo la semina e la facilità di concimazione ha reso le pianticelle forti e molto belle.
L’irrigazione per imbibimento è risultata molto valida ma è da utilizzarsi per vasi che non superino i1 diametro di 12/14 centimetri, per vasi più grandi accorrerebbero bacinelle più alte e quindi un livello di acqua maggiore; poiché la forza di capillarità è relativamente debole, in quanto la terra utilizzata presenta pori molto ampi, l’acqua non riuscirebbe a raggiungere la sommità del vaso.

TERRA UMIDA
Per il benessere della pianta la terra deve essere fresca, umida ma non bagnata; prendendone un pugno e stringendola, non deve sgocciolare acqua.
L’esame della quantità di acqua contenuta nella terra è molto difficile perché essa varia col variare dell’impasto e con la profondità nel vaso (1).
Esistono in commercio strumenti per la misurazione dell’umidità ma danno soltanto risultati approssimativi.
Preso in esame un Decimetrocubo di terra composta da 1/3 di torba, 1/3 di pomice e 1/3 di terra di campo imbevuta di tanta acqua da apparire nelle migliori condizioni di umidità ha dato il seguente risultato:
Decimetricubi 1
Terra secca Kg 0,600
Acqua lt 0,300
————
Terra umida Kg 0,900 = ~ decimetri cubi 1
————
Molte piante gradirebbero avere la terra così umida durante il periodo di vegetazione ma è impossibile ottenere il risultato per irrigazione.

CONSIDERAZIONI
Visto gli inconvenienti del sistema di irrigazione con brocca o asta con spinello si consiglia di utilizzare altri sistemi.
Ottimo semplice è il sistema di irrigazione con gocciolatoi, in particolare valido per vasi grandi e utile per chi deve abbandonare le piante durante il periodo di ferie; infatti si può lasciare 1’incarico di irrigare al timer programmato.
Il sistema per l’imbibimento è come dimostrato validissimo ma deve essere utilizzato da persone ben esperte.

http://digilander.libero.it/aers/

Inerti

Sfogliando le reviste AERS
Pomice
materiale molto leggero di origine vulcanica, può essere usata per alleggerire il terreno. E’ molto permeabile all’acqua.

Lava
E’ lapillo vulcanico solidificato, molto poroso, ricco di molti minerali, di varia granulometria, può essere usato sia come drenaggio, che mischiato al terriccio, sia usato sopra al terriccio con effetto decorativo e pacciamante.

giornale AERS